Esiste un luogo che mi accompagna fin da quando ne ho memoria. In realtà non si tratta di un luogo definito e unico, ma di uno spazio tra cielo e mare in cui i colori sono quelli del tramonto. E’ casa, è Sole, è caldo, è mare, è Puglia. Il mio posto del cuore, il rifugio in cui son nata e cresciuta, ma anche il nido che ho abbandonato per scoprire, crescere, studiare, conoscere e conoscermi. I mie ricordi sono vividi come i colori di cui essi son pieni. Nell’esatto istante in cui osservo un tramonto, torno con la mente all’interno della casa in cui sono cresciuta. Lì c’è una stanza, il soggiorno, in cui le vetrate permettono al sole di entrare e tingere di rosso il grande divano verde e ogni tramonto, per me, è da sempre uno spettacolo per gli occhi. Le ombre disegnano enormi sagome sulle pareti piene di quadri, il Sole sembra voler entrare in casa per inondare di luce tutto lo spazio che c’è, come se il cielo non gli bastasse e divengono così preziosi quei minuti, che non credo d’essermene mai persa uno, almeno fin quando ho vissuto lì. Il gesto che più mi divertiva fare, era quello di rimanere a cavallo della soglia per affacciarmi ora verso il salone ed ora verso il giardino meravigliandomi, ogni volta, di come potesse cambiare la luce se filtrata dalle finestre o libera di posarsi sulle foglie di tutto quel verde che circondava casa. Il mio luogo della memoria però, come ho detto, non è individuabile solo in quella stanza piena di luce, ma si racconta tra le vie di un piccolo paese in cui le case sono tra loro così vicine che sembrano avere un’unica grande corte, dove i bambini ancora giocano per strada, sotto gli archi di tufo giallo, come se fosse quello il loro salone, uno spazio per tutti e di tutti. La sensazione di libertà che si avverte in quei luoghi è immensa, anche quando sembra non esserci spazio per un mattone in più, quando sembra esser tutto così troppo vicino da spingerti ad alzare lo sguardo e vedere come ci sta bene il celeste su quei tetti dai mille colori, scelti a caso da una tavolozza del “pittore”. Mi fa sempre sorridere.
Dovessi disegnare i miei luoghi della memoria mi servirei sicuramente di forme pulite, geometriche, quasi elementari da rappresentare e altrettanto facili da ricordare. Sono luoghi in cui a parlare sono tanto i pieni quanto i vuoti, dove la luce crea la scena ed i materiali le fanno da cornice. Luoghi in cui lo sguardo facilmente si perde tra le lunghe prospettive degli infiniti rettilinei, fino ad arrivare al mare, passando per le campagne di ulivi e terra, rossa come il sole al tramonto quando vuole entrare in casa. Il mio è un luogo della memoria in cui non c’è soluzione di continuità tra interno ed esterno, tra il salone di casa ed il giardino, tra gli archi del Municipio e le case a ridosso, tra gli ulivi ed il mare. E’ un insieme di forme e colori, di pieni e vuoti, un ricordo in cui mi rifugio e a cui spesso rubo ispirazione. Durante l’anno torno in ogni occasione possibile nei miei luoghi della memoria, ma quando ho bisogno di riportarli alla mente attraverso un’opera, c’è un artista in cui trovo un conforto “familiare”: De Chirico. I suoi quadri riescono a trasportarmi con la mente a 600km di distanza, in essi ritrovo la luce e le forme che mi parlano di casa e i colori sono pieni e densi, proprio come quelli dei miei luoghi.
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